sabato 9 giugno 2018

Via Francigena, ovvero 1000 km a passo lento: da Aosta a Roma attraverso le radici della nostra storia

La storia di questo cicloviaggio prende le mosse da uno sfogo in un momento di tipica routine lavorativa tra due colleghi, due amici che condividono la giornata d’ufficio e ancor di più la passione per le due ruote. Ci sono momenti in cui avere un progetto da cullare quasi di nascosto, ti aiuta a superare indenne la quotidianità che troppo spesso logora. Sono quei momenti che esorcizzi lanciando il guanto di sfida a te stesso e visto il terreno ignoto, ti chiedi: “ce la faccio o non ce la faccio?”

La bici che Giovanni utilizzerà per il suo viaggio
L’idea dei percorrere il tratto italiano della via Francigena mi frullava in testa da molto tempo. L’antico percorso che univa l’isola britannica alla Città Eterna e che sin dal Medioevo ha visto calpestarne i sentieri da carovane di mercanti, orde di eserciti e pellegrini di ogni dove in cerca d’assoluzione, mi è parso subito una di quelle esperienze da fare non appena si fosse presentata l’occasione. Sempre più curiosi intraprendono viaggi di questo tipo, dove il gusto per una mobilità “slow” e sostenibile si mischia alla ricerca di un turismo esperienziale più che consumistico. Sempre più giovani e meno giovani si muovono su questo terreno intriso di cultura e storia alla ricerca dei colori e dei sapori tipici della nostra terra, sempre in grado di stupire e regalare grandi emozioni.

Perché la Via Francigena? Via Francigena perché rispetto ad altri viaggi, come al celeberrimo e ripetutissimo Cammino di Santiago, prevede un percorso molto meno conosciuto e praticato, ma che in tempi ormai remoti, rappresentava una via di comunicazione così importante da portare ad un grande sviluppo dei territori attraversati. I centri cresciuti intorno al passaggio dei pellegrini, ma soprattutto dei mercanti del nord Europa interessati alle merci provenienti dall’oriente, regalarono un fermento economico e culturale che non aveva precedenti nella storia.
Via Francigena, quella turistica, rappresenta oggi un percorso organizzato e strutturato grazie all’opera congiunta di istituzioni laiche, religiose ed associazioni. Gli oltre 1000 km del tratto italiano, che va dal passo del Gran San Bernardo a Roma, spaziano dall’asfalto alla ghiaia e passando per gli sterrati della Toscana, si giunge sui sanpietrini che fanno da tappeto fino alle porte del Vaticano scoprendo passo dopopasso quell’Italia che soprattutto all’estero apprezzano e sognano di visitare.
Il cammino è stato recentemente ritracciato e segnalato con cartellonistica stradale apposita ed è possibile percorrere in due varianti: quella classica da fare a piedi e che rappresenta il percorso più fedele all’originale e quella moderna da poter percorrere in bicicletta (o anche e-bike) e che prevede una serie di divagazioni che vanno a cercare vie secondarie asfaltate o di campagna, ma che permettono in modo quasi sempre agevole il transito alle due ruote. Esiste un sito di riferimento e diverse pubblicazioni che possono aiutare a programmare il viaggio, oltretutto sono disponibili le tracce GPS e addirittura si può scaricare l’applicazione ufficiale per smartphone che contiene tutte le notizie utili, strutture ricettive, mappe ecc.
Dal punto di vista meramente tecnico-ciclistico, complice una sommaria preparazione in fatto di
chilometraggio stagionale, l’intenzione è quella di muoversi lentamente prendendosi tutto il tempo
necessario per assaporare il percorso ed i paesaggi. Tuttavia ho cercato di curare la scelta del materiale e le dotazioni, selezionando solo quello veramente utile e tralasciando il superfluo. La scelta di partire in stile “bikepacking” ne è stata una naturale conseguenza, in quanto le pesanti ed ingombranti borse su portapacchi vengono sostituite da borse minimali che utilizzano appigli naturali del telaio della bici per essere ancorate. Uno stile leggero che mi ha convinto sin da subito e che almeno da noi sta muovendo ancora i primi passi ma che sono sicuro prenderà sempre più piede tra i cicloviaggiatori.

La bici scelta è un’ibrida. La Genesis Vagabond non è una gravel né una Mtb, è una “monstercross”.
Praticamente una Mtb con telaio molto slooping e rapporti da sterrato, possiede una curva manubrio stile strada con angolo chiuso e permette di montare praticamente ogni tipo di ruote e coperture, dalle slick stradali alle tassellate molto grasse, la Vagabond ti dà quindi la possibilità di scegliere il setup migliore per il tipo di viaggio che si intende affrontare. Per il main frame delle borse da viaggio invece, dopo attenta valutazione, ci si è rivolti a un prodotto affidabile ed innovativo della Miss Grape. Sono borse curate nei dettagli e dai materiali molto robusti, abbastanza leggere ma che fanno delle soluzioni tecniche e della resistenza allo stress il loro punto di forza. Questo set di borse dell’azienda di Rovigo, sfrutta il telaio in maniera sapiente e permette l’ancoraggio al telaio senza ricorrere a pesanti portapacchi o appendici, donando stabilità e compattezza alla bici nonostante una capienza complessiva di quasi 35 litri, più che sufficienti per portare un equipaggiamento completo. Altro aspetto importante per garantire una buona esperienza di viaggio è certamente l’abbigliamento. Particolare attenzione va data a mio avviso alla scelta dell’intimo che deve garantire prestazioni e comfort. Sono andato quindi sul sicuro e ho scelto la linea intimo di Outwet, azienda vicentina che da anni stupisce con l’alto contenuto tecnico dei propri prodotti unito ad un design ricercato e d’effetto.

Grazie a “Il Cicloamatore”, cercherò di raccontare quanto vissuto in questa esperienza, condividendo pillole del viaggio in solitaria attraverso alcuni dei luoghi più suggestivi del nostro Bel Paese.


Giovanni Cellupica

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